Quinto giorno prima delle Idi di luglio
L'indomani, Castore si presentò sulla soglia con aria gongolante.
- Come hai fatto, figlio di un Nume e di una capra; come hai fatto, per Hermes immortale? - balzò in piedi Aurelio, battendogli la mano sulla spalla. - Sei grande, amico mio, unico!
- Non ho dovuto far nulla, domine, se non sollecitare un favore - si schermì il liberto con falsa modestia.
- Da chi? - chiese Aurelio senza capire.
- Da chi poteva sapere della congiura e, nello stesso tempo, essere disposto a rivelarla. Da qualcuno che aveva vissuto a lungo in Oriente, a stretto contatto col generale Fazio, e chissà, forse aveva partecipato in prima persona alla cospirazione... Da una persona che era stata potente, ma non aveva più nulla da perdere, e che, malgrado tutto, non voleva vederti trascinato nel fango. Ecco, tieni: questo è per te - disse il greco, porgendogli un biglietto senza firma né sigillo, vergato da un'elegante calligrafia femminile, con un'unica parola:
“Vale!”, stammi bene.
- Flaminia! Lei che non mi ha mai sopportato! Fummo costretti a sposarci per ragioni di interesse, e la nostra breve vita in comune si risolse in un tormento per entrambi!
- Forse si è accorta un po' tardi di averti giudicato male...
- E tu, Castore, come hai saputo di lei? Quando noi due ci siamo conosciuti ad Alessandria, io e Flaminia eravamo divorziati da anni e lei viveva già in Siria - si stupì Aurelio.
- Uno schiavo accorto deve fare molta attenzione nel scegliersi il padrone, domine: ad Alessandria, prima di farmi comprare, ho preso le mie informazioni...
- Ma se ti ho tirato giù mezzo morto da un patibolo! – si meravigliò Aurelio, che era venuto in possesso di Castore dopo averlo sottratto alle ire dei sacerdoti di Ammone, decisi a suppliziarlo per un colossale imbroglio che il greco aveva ordito ai loro danni.
- Certo, domine, nell'emergenza del momento non ho potuto guardare troppo per il sottile, ma dopo ho avuto agio di fare i miei conti.
- E ho passato l'esame - constatò il patrizio, allibito.
Così, la sua vita non aveva mai avuto segreti per Castore, fin dall'inizio... - Meno male! Se penso che ho corso il rischio di essere bocciato... - ironizzò.
- So valutare gli uomini, padrone; ho capito subito con chi avevo a che fare - lo tranquillizzò orgogliosamente il greco.
Impagabile Castore, pensò Aurelio con un moto d'affetto, e subito gli venne in mente Xenia: che cos'aveva combinato, a prometterla in moglie a Paride, tradendo la fiducia del suo fedele segretario!
In quell'istante, si sentì Servilio che, penetrato rumorosamente nel vestibolo, andava complimentandosi con tutta la Familia dei servi. Domestici, schiavi, ancelle, sguatteri, liberti, persino l'assonnato portiere Fabello erano oggetto di calde congratulazioni da parte del bravo cavaliere.
- Bravi, bravi... - continuava a ripetere. - Rallegramenti, tutta Roma parla di voi!
Cavaliere... - lo omaggiò Castore, ritirandosi rapidamente.
- La mia fama è alle stelle, Aurelio; sono l'amico del salvatore dell'Impero: stamattina il mio atrio rigurgitava di clientes, e Pomponia sta preparando un banchetto grandioso in tuo onore, per la sera dopo i ludi - comunicò felice l'ottimo Tito, ma si rabbuiò di colpo. - Nissa non ci sarà, poverina... - mormorò mogio mogio.
Aurelio decise, una volta di più, di tacere sui suoi rapporti con la mima: a che sarebbe servito, ormai, rivelare a Servilio com'erano andate veramente le cose? Non voleva che l'amico si sentisse sminuito nella sua dignità virile, venendo a sapere quanto poco fedele gli era stata l'amante: così, invece, Nissa sarebbe rimasta per sempre nei suoi sogni segreti...
Ma Tito teneva gli occhi bassi, imbarazzato, bofonchiando qualcosa di incomprensibile.
- Sai, Publio, io amo terribilmente la mia Pomponia. In questi ultimi giorni, poi, è così strana, così diversa... Mi prenderesti in giro, se ti confessassi che mi affascina ancora, dopo tanti anni di matrimonio?
- No, anzi! È una cosa bellissima! - dichiarò Aurelio, giubilante: ormai era fatta; il buon vecchio Servilio aveva riscoperto la sua grassa matrona. - E mi congratulo, siete una coppia stupenda. Stai tranquillo, non dirò mai nulla a tua moglie di quella scappatella con Nissa.
- Veramente, la mia storia con lei... - Il balbettio del cavaliere si fece più confuso. - Ecco, in realtà non c'è stata nessuna scappatella... - sussurrò alla fine, contrito.
- Come? E la fascia inguinale che mi hai portato? Era sua, la ricordo benissimo! - protestò il patrizio.
- Perdonami, Aurelio, ti ho, detto una bugia. Sembrava che tu dessi per scontato che non potevo conquistarla, che non ne ero all'altezza, allora io... quando il tuo segretario mi ha proposto di vendermi quell'indumento, non ho resistito alla tentazione di imbrogliarti.
- Castore! Quel maledetto impostore mi ha truffato dieci nummi! - esclamò Aurelio, rabbioso. Fece per mandano a chiamare, ma cambiò subito idea: in fondo, dieci nummi per aver salvato dalla catastrofe lui stesso, nonché tutto l'Impero romano, non erano una cifra eccessiva...
- E due aurei li ha avuti da me, per la fascia – aggiunse Servilio, costernato. - Ma non rimproverarlo, sono io che ho agito come uno stupido, correndo dietro a una ragazzina, quando mi trovavo sottomano una donna eccezionale come Pomponia! Per fortuna, non si è nemmeno accorta della mia sbandata... Adesso è tutto finito, ma mi dispiace tanto per Nissa - ripeté, coccolando Piumina che, da quando la sua padrona era scomparsa, aveva preso stabile dimora sulle ginocchia di Aurelio.
- Anche a me... non era che una bambina cresciuta troppo in fretta - dichiarò il patrizio, triste, salutando l'amico.
Poco dopo, avviandosi al suo cubicolo per riposare, Aurelio ebbe la sorpresa di incontrare nel corridoio il gladiatore Gallico. Questi pareva aver perso del tutto la sua compassata freddezza: fu in tono quasi disperato, infatti, che si mise a sfogare una rabbiosa animosità nei riguardi dell'aristocratico signore.
- Pasticcione di un senatore! - inveiva furibondo il reziario. - Ancora un giorno, e me la sarei cavata! Se tu avessi aspettato un giorno solo a salvare l'Impero, io avrei avuto modo di portare a casa la pelle!
- Che ci fa costui in casa mia, Castore? - si irritò il patrizio. - La mia domus è diventata una succursale del Foro; ci passa tutta Roma, e a mia insaputa! Dovrei proprio sostituire Fabello e procurarmi un ostiario decente!
- Non dirai sul serio, domine? - si scandalizzò il greco. - Chi mai comprerebbe come portiere un vecchio schiavo dormiglione? Lascialo riposare, piuttosto, e va a dormire anche tu. Ormai hai sistemato tutto, e puoi goderti i frutti del tuo lavoro...
- Non ho finito, invece: mi resta una cosa da fare – lo contraddisse Aurelio.
- Che cosa ancora, per tutti i Numi dell'Olimpo? - gemette Castore, paventando un nuovo incarico.
- Arrestare l'assassino di Chelidone - rispose il patrizio, lasciando il segretario di sasso.